Il Bambino e la Scuola

 

Il bambino in età scolare scopre che l’universo delle relazioni con bambini della sua età è radicalmente diverso dall’universo familiare; nel proprio ambiente domestico egli è amato e accettato per quello che è, tra gli altri bambini invece nulla è acquisito per diritto.
Secondo A. O. Ferraris (1992), è un mondo psicologico differente, con tutto un sistema tacito di regole e di esigenze che contribuiscono a sottolineare sia i propri punti di forza che le proprie debolezze, si può essere accettati, si può anche essere rifiutati.

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L’esperienza socializzante che il bambino sperimenta soprattutto a scuola e il ruolo che lui assume all’interno del gruppo dei coetanei, contribuiscono alla definizione della sua identità.

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La scuola costituisce un osservatorio privilegiato della condizione del bambino, un luogo in cui è possibile conoscerli nella loro quotidianità, in cui essi sviluppano una rete di interazioni, di gioco, di comunicazione con gli adulti e i coetanei, in cui possono emergere, difficoltà e diversità individuali. È un’istituzione che fin dall’età infantile contribuisce allo sviluppo delle funzioni intellettive e alla maturazione della personalità. Inoltre, prosegue il compito della madre, offre ai bambini l’opportunità di attuare dei giochi costruttivi attraverso i quali ciascuno di essi è in grado di scoprire dei modi per affrontare gli impulsi di questo periodo.

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La scuola è paragonata da D. W. Winnicott (1973), ad un secondo “recinto” (il primo è rappresentato dalla famiglia), per la sua funzione di contenimento anche se allo stesso tempo, crea un’esperienza di separazione dalla famiglia. Inoltre, secondo l’autore la maestra deve assumere una parte delle funzioni e dei compiti della madre ma allo stesso tempo deve evitare di sostituirsi a lei, sviluppando un legame emozionale simile a quello materno per i bisogni personali.
Infatti, l’insegnante riveste un compito importante, combina sensibilità e comprensione del linguaggio simbolico infantile con la conoscenza dei bisogni particolari dei bambini all’interno del gruppo, capace e pronta a risolvere i problemi e a frenare e controllare gli impulsi e desideri istintivi.

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L’educatore, come sosteneva S. Freud (1978), può favorire negli allievi il passaggio dal “processo primario”, in cui il bisogno deve essere immediatamente soddisfatto, al “processo secondario”, ove insorge la capacità di rimandare questa soddisfazione. L’autore, riteneva che l’esperienza educativa potesse sostenere il “funzionamento dell’Io” che si esprime attraverso la capacità di sopportare rinunce.

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Pertanto la famiglia, la scuola e i coetanei rappresentano un valido sostegno nel processo di crescita del bambino, sono le basi della formazione dell’identità personale che consentirà di partecipare ad una vita socialmente estesa e ricca di significativi rapporti interpersonali.

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Dott.ssa Valentina Gentile

 

 

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